Claudio Corrà e Mariella Vitale
Nella prima Repubblica la democrazia era affidata a partiti che rappresentavano le masse, le ideologie e le speranze di milioni di Italiani, che uscivano impoveriti, indeboliti e disperati da un ventennio di dittatura fascista che aveva calpestato le libertà e da una guerra sanguinosa, che aveva solcato in lungo ed in largo il Vecchio continente e il mondo intero.
Questi partiti, previsti dalla Costituzione e che in massima parte avevano lavorato a redigerla, avevano una rappresentanza forte in Parlamento, pur essendo condizionati dall’egemonia della DC che, con il fondamentale supporto della Chiesa cattolica e anche degli Usa, con il grande consenso che otteneva alle urne fece da fulcro per l’azione politica di quasi mezzo secolo di storia. Nomi di spessore, profili di tutto rispetto, misero in atto una macchina abbastanza efficiente, pur con tutti i suoi limiti, che governò il nostro paese con competenza, ma non sempre con la necessaria lungimiranza del buon padre di famiglia accorto e severo.
Pur con governi che duravano un anno in media, anche nel passaggio tormentato e trascinato per troppo tempo dal centrismo al centrosinistra, le forze politiche antifasciste della cosiddetta ‘prima Repubblica’ mantenevano una certa continuità riformatrice, ma i meccanismi che consentivano una qualche stabilità anche col sottogoverno e secondo logiche non sempre conformi al bene comune e all’interesse collettivo iniziarono a degenerare.
A partire degli anni ’80, il dispensare onori e favori ovunque ebbe il chiaro obiettivo di conservare ed allargare il consenso allo scopo di mantenere la posizione di potere, aumentando a dismisura il debito pubblico, il quale, come sappiamo, oggi è divenuto pressoché insostenibile. Ma, tutto sommato, quei partiti avevano uno apparato ideologico ben strutturato e si potevano fregiare di rappresentare grandi masse, sia nella fase primigenia in cui vi si riconoscevano classi sociali più o meno ben definite, sia quando si sono avviati a divenire sempre più interclassisti. Inoltre per decenni hanno costituito una cinghia di trasmissione delle istanze popolari verso la classe dirigente, più o meno efficace.
Con l’avvento dalla cosiddetta ‘seconda Repubblica’ post tangentopoli vennero alla ribalta nuove formazioni politiche, che avevano l’ardire di cambiare il modo di esercitare la rappresentanza in modo diretto, denotando un chiaro desiderio di spazzare via le vecchie intermediazioni ed aprire una nuova fase, con un approccio populista, spesso contrassegnato da demagogia pura. Il voler cambiar tutto ha cambiato in peggio e ci ha tenuti ostaggio di un sistema perverso e assai meno democratico, malgrado le apparenze, per più di un ventennio, periodo durante il quale il Paese è regredito sotto molti punti di vista e ha subito la falsa propaganda dell’efficientismo che nascondeva il disegno neoliberista di smantellare i diritti e i servizi essenziali e svendere i beni comuni.
I partiti e le loro ideologie ancorati alle masse sono stati sostituiti da partiti dalla forte leadership, in cui il dominio dell’uomo forte pretendeva di soddisfare una certa smania di semplificazione che ha portato alla sottovalutazione delle conseguenze delle scelte di quel periodo.
Si pensava poi nel 2018 di essere transitati nella cosiddetta ‘terza Repubblica’, senza in realtà aver superato l’illusione pericolosa dell’uomo forte al comando, grazie all’avanzare irresistibile di una nuova forza politica che sperava di introdurre una rivoluzione democratica dal basso, per arrivare finalmente ad un nuovo modus operandi scevro da convenienze, utilitarismi, calcoli personali, clientelismo e dominio delle lobby. Si voleva introdurre etica, solidarietà, attenzione ai bisogni delle persone e alla tutela dell’ ambiente, rovesciando il vecchio modo di fare politica.
Questa “rivoluzione” in parte è riuscita a imporre una certa discontinuità, una volta che il “non partito” è approdato al governo, ma da quel momento ha subito, com’era inevitabile, voltafaccia, scissioni, oltre a calcoli personali e convenienze che ne hanno snaturato il reale ed originario intento. Inoltre ha avuto la necessità di adeguarsi in parte alle logiche della politica a cui inizialmente tentava di opporsi. Questo ha portato delusione, disaffezione e ha indebolito la funzione fondamentale di questa forza politica di incanalare il dissenso nelle vie democratiche.
A seguito del tramonto di un’esperienza di governo che aveva attese molto alte, forse troppo, la disillusione ha alimentato un crescente ed allarmante astensionismo che scaturisce da un senso di abbandono, soprattutto da parte dei più deboli, e suscita alcune cruciali domande: come mai non si è fatto lo sforzo collegiale, sinergico di produrre una legge elettorale seria che includa le preferenze dirette? Perché’ non si è ancora affrontato seriamente ed incisivamente il tema dell’ evasione fiscale per evitare che a pagare il conto debbano essere sempre gli stessi? Perché di fronte alle necessità dei più fragili e poveri la politica spesso, si è voltata dall’altra parte?
Appare evidente come i poteri forti, ovvero finanza, grandi gruppi, lobby, piccole o grandi corporazioni, abbiano spazzato via i partiti di un tempo con le masse e le ideologie che li accompagnavano, svuotando la società dai valori saldi e privandola del senso di appartenenza. Siamo in una società fluida, instabile, smembrata e disorientata, descritta dal Censis già prima della pandemia come “incattivita” e ora come “sonnambula”.
Una siffatta società genera, di riflesso, una politica ostaggio di egoismi corporativi, che manca di una visione organica per il futuro, che voglia programmare e costruire un modello di società e di vita comune.
Per spezzare il circolo vizioso, che porta una società sempre più evanescente a generare rappresentanze politiche sempre più ostaggio e al servizio di interessi di parte, non occorre disertare le urne, ma piuttosto invaderle in massa, cercando tra le forze politiche e i candidati in lista la scelta migliore.
L’idea di manifestare il dissenso col non voto, che tanto successo sta avendo, rischia di rafforzare enormemente il peso del voto di scambio, da quello criminoso, non di rado gestito dalle organizzazioni criminali, a quello riconducibile a interessi di parte, corporativi, o, peggio, di difesa dell’illegalità, dell’evasione ed elusione fiscale, a scapito del bene comune e dell’interesse collettivo.
Serve fare uno sforzo non eccessivo, per informarsi e cercare chi si ispira ai valori espressi dalla Costituzione e dai trattati europei per darvi attuazione, chi dà maggiore affidabilità nella difesa dei diritti, del progresso della comunità e sviluppo delle potenzialità di ciascuno, per appoggiare con forza e determinazione l’offerta politica di maggiore qualità.
Noi di RED Reddito Europa Diritti continueremo a tenervi informati sui programmi delle forze politiche che più si avvicinano alle istanze che portiamo avanti, invitiamo tutti a votare in massa per un parlamento europeo che gestisca al meglio la fase delicata e rischiosa che viviamo e renda nuovamente l’Europa protagonista di pace, prosperità e benessere nel mondo, com’era sua ambizione un tempo.