Scenari politici

Si è molto parlato di marea nera, a proposito delle scorse elezioni europee.

È certamente allarmante lo scenario che si va delineando soprattutto in Francia. Tuttavia, se è vero che  avanzano le destre estreme, quel che più conta è che nel Parlamento e nello scenario europeo restano maggioritarie e saldamente egemoniche forze politiche europeiste, favorevoli a maggior integrazione e non negazioniste sul clima.

Si è fatto molto rumore anche in Italia per due milioni di voti sulla premier, inutili sia in patria, dove la aspetta una legge di bilancio non facile, che in Europa, dove la sua aggregazione conservatrice resta marginale. Si è verificata una crescita e il sorpasso della destra moderata a spese di quella che spinge per la folle autonomia differenziata e deliranti opere faraoniche e irrealizzabili (che ingoiano quattrini).

Le formazioni centriste, divise, naufragano e una medita di convergere nuovamente con quelle progressiste. Ma su cosa?

I partiti progressisti hanno un’agenda ben definita: pace e negoziati, risorse concentrate non su riarmo, ma su transizione ecologica, ripristino servizi essenziali e contrasto a povertà, diseguaglianze, lotta alla criminalità, alla corruzione e all’evasione fiscale. I partiti centristi condividono questa agenda?

Se non la condividono è essenziale che ci sia chiarezza: bene fare fronte comune in parlamento, nell’attuale legislatura, su alcuni temi condivisi strategici, ma in vista delle future elezioni politiche, anche per non scoraggiare ulteriormente la partecipazione democratica, già fortemente indebolita, è necessario evitare ogni sorta di ambiguità e compromesso e mettere in campo una proposta audacemente innovativa, adeguata alle sfide del presente.

Il fronte progressista avanza proprio su questi temi. Mentre il M5S paga la scelta di serietà della mancata candidatura del leader e la regola dei due mandati che esclude dalle competizioni elettorali le personalità più note e di spessore della compagine.

Ma paga soprattutto la mancanza di un tema forte. Il RdC non è più, oggettivamente, un tema forte. Il sussidio per la disoccupazione lunga, che viene erogato in mancanza del reddito da lavoro e non sommabile ad esso se non in minima parte, è del tutto superato e viene recepito come un contentino offensivo: “ti do soldi per non far nulla, perché  il lavoro non te lo posso dare”. Ormai risulta chiaro che la gente vuole lavorare, non vuole essere liquidata con un’elemosina piena di paletti mortificanti, senza una prospettiva occupazionale.

Il tema forte sarebbe stato il reddito di base, se lo avessero cavalcato realmente, anziché confinarlo in poche righe nel programma per le europee.

Il reddito di base apre alla speranza di trovare lavoro e di poter sommare l’assegno incondizionato, elargito come salvagente e sostegno nelle difficoltà, al reddito da lavoro, per sollevare i poveri dalla miseria estrema e far recuperare potere d’acquisto ai lavoratori, rilanciando la domanda aggregata e, con essa, l’economia.

Ormai la strada per una compagine progressista che punti a diventare maggioranza nel paese e nelle urne è tracciata: reddito di base, gestione attenta della transizione tecnologica e digitale, lotta all’inquinamento e ai cambiamenti climatici, ripristino in pienezza dei servizi essenziali (sanità, istruzione e formazione, infrastrutture e trasporti, ordine pubblico, sicurezza, lotta senza quartiere a mafie, corruzione, evasione fiscale, economia illegale, tutela e valorizzazione dei beni comuni rendendoli fruibili per tutti.

Il punto di partenza è tassare la ricchezza plurimilionaria e plurimiliardaria, per ridurre il debito pubblico e finanziare le misure di cui sopra.

Ricordiamo che nel 2001, accingendosi a tornare al governo, l’ex Presidente del consiglio Silvio Berlusconi, di cui oggi ricorre un anno dalla scomparsa, affermava nel suo programma, parlando di “una norma di diritto naturale che riposa nel cuore e nella mente di ciascuno di noi”, che “Se lo Stato, in cambio dei servizi che dà, e sappiamo che questo Stato non ci dà i servizi della qualità che noi auspicheremmo, chiede il 33 per cento, un terzo di ciò che con tanta fatica guadagni in un anno, ti sembra una cosa giusta”.

Se attualmente si tassasse la ricchezza plurimiliardaria e plurimilionaria al 33%, sarebbe assai agevole ridurre drasticamente il debito pubblico e finanziare il ripristino dei diritti essenziali conculcati da decenni, causando la disaffezione dei cittadini. Così si potrà riportare la gente sfiduciata a votare*.

Ma, oltre a tutto questo, sarebbe anche il caso di facilitare la partecipazione al voto con dispositivi già collaudati, che rendano il tutto più semplice.

La commissione Bassanini proponeva, ad esempio, di fare tesoro dell’esperienza del Green Pass (era Covid) per creare un Election Pass digitale. La novità avrebbe permesso di archiviare la vecchia tessera elettorale cartacea, che tanti perdono oppure non sostituiscono, quando gli spazi per i timbri sono esauriti.

L’Election Pass, e il varo delle liste elettorali digitali, consentirebbe — ad esempio — di votare in un qualsiasi seggio del nostro collegio o della nostra circoscrizione, senza complicazioni burocratiche.

https://www.repubblica.it/politica/2024/06/10/news/affluenza_dati_elezioni_europee_2024-423201204/?ref=RHVS-BG-P1-S2-T1

https://www.repubblica.it/politica/2024/06/10/news/affluenza_dati_elezioni_europee_2024-423201204/?ref=RHVS-BG-P1-S2-T1

* Probabilmente non è stata una buona idea quella di richiamare il tentativo di Berlusconi di tagliare L’IRPEF. Il nostro intento era far capire quanto ci sembri stridente sapere che molti multimiliardari e multimilionari riescano a pagare molto ma molto meno del 33% con vari espedienti.

Read Previous

Votare in massa

Read Next

Il nero che avanza

Most Popular