Tra le convinzioni attualmente diffuse più discutibili vi è senz’altro quella che sia necessario adeguarsi al lavoro offerto, anziché cercare o inventarsi quello per cui si ha una predisposizione.
Basterebbe consultare, con mente scevra da pregiudizi, la Costituzione per comprendere che è giusto il contrario.
Tra i principi fondamentali spicca, al secondo comma dell’art. 4 il diritto-dovere di ogni cittadino “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società“.
Nell’articolo precedente è espresso il principio più generale e strettamente connesso che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“. Ce ne siamo occupati precedentemente qui.
È triste dover constatare che si sono fatti passi indietro anziché in avanti, in 75 anni. Ma confidiamo di avere presto modo di generare una riflessione collettiva su questo.
Anni prima della redazione della nostra Carta fondamentale, nella Germania che si preparava a precipitare nell’incubo nazista, che l’avrebbe poi condotta a morte ad Auschwitz, la filosofa Edith Stein esprimeva la consapevolezza che “Una comunità che sia riuscita a consentire la realizzazione dei propri membri è una comunità sana, forte, pienamente sviluppata, cosciente di sé. Se non si favorisce l’attuazione piena dei singoli, la comunità stessa sarà deficitaria, perché tutte le potenzialità insite nei singoli non potranno essere messe a disposizione della comunità che, pertanto, manifesterà mancanze in molti ambiti. Una comunità deve allora poter sostenere i propri membri, sotto tutti i punti di vista, proprio in quanto appartenenti a quell’organismo sociale“1.
Oggi lo sviluppo pieno della personalità, attraverso un lavoro liberamente scelto, è di fatto negato, non solo nei fatti, ma nella mentalità stessa, nella assenza di consapevolezza di questo diritto fondamentale che è, al tempo stesso, un bisogno della società e della comunità.
Se non si interviene con un cambio radicale di mentalità e di approccio non smetteremo di avere milioni di lavoratori infelici e poco produttivi, milioni di disoccupati e, al tempo stesso, centinaia di migliaia di posti vacanti per mancanza di profili professionali adeguati, che non si sono formati per inadeguatezza del sistema formativo e abbandono scolastico generato dalla povertà, oppure sono emigrati in massa in cerca di paghe migliori.
Il reddito di base restituisce la libertà e le opportunità che mancano.
Solo con un reddito di base incondizionato, capace di fare la differenza, saremo in grado di attuare la Costituzione e i trattati europei ispirati agli stessi principi, restituire diritti fondamentali e opportunità ai singoli e alla società, alla comunità politica e all’economia il loro corretto funzionamento.
Immagine di ConeCandy da BasicincomeIMG
- A. Pezzella, in “Edith Stein. Comunità e mondo della vita. Società Diritto Religione”, di A. Ales Bello e A.M. Pezzella. ↩︎