
L’amore cristiano testimoniato da papa Bergoglio è assoluto e incondizionato, è un amore che si dona, che perdona, non tiene conto del male ricevuto, come quello di Cristo in croce, celebrato nella settimana santa, da poco trascorsa. Questo amore senza confini ha scaldato il mondo in questi anni e, in particolar modo in questo tornante della storia inquietante e penoso, pieno di incertezze. Ha gridato contro violenze e oppressioni, contro il riarmo, fino all’ultimo giorno, il giorno di Pasqua.
Il Reddito di base si pone in questa logica. Il Santo Padre aveva parlato apertamente a più riprese, a favore del Reddito di base e per la tassazione della ricchezza. L’ultima volta, nel settembre scorso, il quotidiano Avvenire aveva pubblicato, nella stessa pagina in cui riportava la notizia del nostro Manifesto, una nuova denuncia
della «cultura dello scarto», a cui Francesco contrappone la mano tesa ai cosiddetti “perdenti”. Da qui, un appello – già fatto nel 2020 – a un salario di base universale. «In tempi di automatizzazione e intelligenza artificiale, in tempi di informalità e precarizzazione lavorativa, nessuno deve essere escluso dalle risorse minime necessarie alla sussistenza».
Nel 2020, in occasione dell’incontro con i Movimenti Popolari aveva detto:
《Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento… e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti》.
Dalle colonne dell’autorevole rivista Civiltà cattolica, organo della Compagnia di Gesù, a cui Bergoglio apparteneva, si fece subito notare che “l’elenco dei beneficiari della «retribuzione universale» alla quale allude papa Francesco va oltre la categoria dei salariati stricto sensu” e si riconduce il discorso del pontefice all’idea di reddito di base, sottolineando che esso potrebbe agevolmente essere garantito con un’equa redistribuzione della ricchezza globale.
La conferma di ciò era data dal libro di Francesco Ritorniamo a sognare:
Dobbiamo andare oltre l’idea che il lavoro di chi bada a un familiare, o di una madre a tempo pieno, o di un volontario in un progetto sociale che assiste centinaia di bambini, non sia un lavoro perché non riceve un salario. Una componente vitale del nostro ripensamento del mondo post-Covid sta nel riconoscere il valore, per la società del lavoro, dei lavori non remunerati. Ecco perché credo che sia tempo di esplorare concetti come la Retribuzione universale di base (RUB), nota anche come imposta negativa sul reddito: una retribuzione fissa e incondizionata a tutti i cittadini, che si potrebbe distribuire attraverso il sistema fiscale. […]
La RUB ridefinirebbe le relazioni nel mercato del lavoro, garantendo alle persone la dignità di rifiutare condizioni lavorative che le inchiodano alla povertà. Darebbe alle persone la sicurezza basilare di cui hanno bisogno, cancellerebbe lo stigma dell’assistenzialismo e renderebbe più facile passare da un impiego all’altro, come sempre più richiedono gli imperativi tecnologici nel mondo del lavoro. Politiche come quella della RUB aiutano le persone anche a combinare le attività remunerative con il tempo riservato alla comunità.
Nell’ottobre successivo il pontefice torna a parlare di “retribuzione universale“, sempre rivolgendosi ai Movimenti popolari.
Un reddito minino (l’RMU) o salario universale, affinché ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita. È giusto lottare per una distribuzione umana di queste risorse. Ed è compito dei Governi stabilire schemi fiscali e redistributivi affinché la ricchezza di una parte sia condivisa con equità, senza che questo presupponga un peso insopportabile, soprattutto per la classe media – generalmente, quando ci sono questi conflitti, è quella che soffre di più –. Non dimentichiamo che le grandi fortune di oggi sono frutto del lavoro, della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnica di migliaia di uomini e donne nel corso di generazioni.
Sono stati giorni difficili per tantissimi, in tutto il mondo, tra credenti e non credenti. Anzi qualcuno ha osservato che per i non credenti il senso di vuoto è ancora più lancinante, perché non c’è la speranza e da consolazione della fede a lenirlo.
Anche noi ci siamo sentiti smarriti. Dopo la morte di papa Francesco ci ha presi una grande tristezza e ci siamo chiesti se anche il suo successore metterà i poveri, la giustizia, la salvaguardia del creato e la pace al centro di tutto, se avrà il coraggio di proclamarsi a favore del Reddito di base, se continuerà a parlarne.
Tuttavia, abbiamo fatto forza a noi stessi e, proprio in questi giorni, abbiamo lavorato con amici parlamentari a una proposta di legge di istituzione di un Reddito di base. Non è un annuncio sensazionale, anche se ci emoziona. Sappiamo per esperienza che lavorare a una proposta di legge fatta bene richiede mesi e mesi di pazienza e duro lavoro. È la fatica della politica e della democrazia e noi la accettiamo con gioia e determinazione. Il nostro pensiero è stato che Francesco avrebbe voluto così: poche lacrime, tanti fatti, per il bene comune, per un mondo più giusto, per combattere povertà e disparità.
Vogliamo ringraziare Papa Francesco ancora una volta, di tutto l’amore sparso per l’umanità, per il bene comune, per la salvaguardia del creato, per gli appelli incessanti alla pace e alla lotta alle diseguaglianze, mentre le sue spoglie mortali attraversano le strade di Roma, le strade del nostro Paese, per giungere a Santa Maria Maggiore, dove lo attende uno stuolo di poveri e di emarginati e, infine, un sepolcro semplice in pietra italiana, nella nuda terra come San Francesco. Vogliamo onorare la sua memoria con l’impegno a continuare sulla strada che abbiamo intrapreso, fino al traguardo.
Buon viaggio caro Papa Francesco.