“In considerazione delle ultime rilevazioni Eurostat che segnalano, nel 2022, nell’UE, circa 95,3 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 21,6% della popolazione totale, di cui 28,7 milioni in grave deprivazione materiale e sociale, e riguardo ai principi sanciti dai trattati europei, ricordiamo come le istituzioni europee nel loro complesso e nella loro lunga storia ed evoluzione, dal dopoguerra ad oggi, abbiano, di trattato in trattato, di provvedimento in provvedimento, affinato la sensibilità e la concezione dei diritti umani, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, alla Carta sociale europea del 1996 (redatta nel 1961, riveduta nel 1996, entrata in vigore nel 1999), alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, entrata in vigore nel 2009 e giuridicamente vincolante per tutti gli stati membri, fino ai nostri giorni, in cui sperimentiamo, come per la Costituzione italiana, da un lato l’ambizione e il desiderio di toccare vette sempre più alte di civiltà e qualità della vita, dall’altro i fallimenti delle misure poste in essere per attuare questi principi, che sono nel DNA dell’Europa“.
Facciamo notare che nel 1996 la Carta sociale europea tutelava il lavoro minorile con una serie di vincoli. Nel 2000, dopo soli quattro anni, con la Carta dei diritti fondamentali, si passa al divieto del lavoro minore, con un salto di civiltà importante, per tutelare il diritto dei ragazzi a completare innanzitutto il percorso formativo.
Auspichiamo un salto di civiltà altrettanto rapido, che veda il passaggio dal reddito minimo garantito europeo a un reddito di base incondizionato, che renderebbe assai più efficace la lotta alla povertà assoluta e alla grave deprivazione dei diritti essenziali, a partire proprio da quelli dei ragazzi.